“La vicinanza con la Festa di San Valentino ci può far capire quanto questa sia un tipo di ricorrenza basata esclusivamente su una visione commerciale. Come Halloween o altre occasioni simili.
Grande smercio di rose, ristoratori felici per le cene (costose) a lume di candela, vendite di dolciumi (i Baci, ovviamente) alle stelle.
Ma una storia d’amore, una storia romantica non ha bisogno di una data prefissata per esaltare l’intensità, i sentimenti, le emozioni.
Il termine greco “pathos” (pathos) definisce sia la radice del termine “passione”, che il significato di “patologia”.
Fin dalla lingua greca antica, quindi, vi è un confine delicato e sfuggente tra una declinazione possibile dell’amore e qualcosa legato ad una malattia.
Le malattie dell’amore sono varie e differenti; citeremo qui, solo gli eccessi e la co-dipendenza.
Mentre il magnifico libro di Raffaella De Rosa ce ne mostra un’altra: una storia d’amore basata sulle bugie, tra un uomo narcisista e bugiardo patologico e una donna che definiremo “ipovedente”.
Quando lei, finalmente, riesce a vedere bene, quando i veli sono squarciati, occorre ricostruire sulle macerie personali e soggettive per riemergere e tornare a vivere in un mondo più reale.”
Maurizio Coletti
Un’occasione formativa ed informativa sul narcisismo patologico e l’amore.
Collegati il 22 Febbraio alle ore 18
PREFAZIONE DI “AZZURRO MA NON TROPPO” di Lando Buzzanca
“L’unico principe azzurro è l’uomo che si innamora della sua donna e la sceglie per tutta la vita. Gli altri sono truffatori, ciarlatani, affabulatori. Nella mia carriera di attore ho interpretato diversi tipi umani, dal “supermaschio” italiano, apparentemente vincente con le donne ma alla fine sempre preso a bastonate e deriso come ne La Schiava e nell’Homo Eroticus, al latin lover siciliano che va in Scandinavia per mettere alla prova la sua prepotenza maschile nel Il Vichingo venuto dal Sud, vestendo anche panni di personaggi più complessi come il protagonista del Merlo Maschio che trova una sua identità solo attraverso la bellezza della propria moglie. Ma il personaggio che più si avvicina al protagonista di questo romanzo è proprio quel Don Giovanni di Molière, che ho portato in scena a teatro nel 2005. In quell’opera straordinaria, della quale ho curato anche la regia, ho voluto proprio mettere in luce un Don Giovanni non solo “rubacuori” e uomo simbolo di chi spezza le regole della morale comune per soddisfare il suo innato egoismo, ma anche un uomo dotato di una capacità di attrarre a sé tutte le persone che gli ruotano intorno, non solo le donne. Nessuno riesce a sfuggire al suo magnetismo. Don Giovanni infatti non è solo il grande amatore spregiudicato che tutti conoscono, ma è una maschera che esalta la libertà dell’uomo proprio attraverso l’amore. Rivela una mancanza totale di senso morale e tratta con spietato cinismo il dolore altrui. Nel contatto col mondo femminile, tutte le sue donne sono vittime del suo fascino, del coraggio, dello spirito d’avventura. E a nulla vale il finale di condanna della sua vita dissoluta: Don Giovanni rimane un mito. Questo romanzo, secondo me, si propone come un avvertimento, scritto con preziosa ironia, a tutte le donne sui pericoli derivanti dall’incontrare un uomo assolutamente mancante della consapevolezza dell’esistenza del Bene e del Male, un uomo che crede in un’unica religione, quella dell’appagamento dei propri desideri. Che poi alla fine l’unica verità è che l’amore, quello vero, vince su ogni cosa.”