Disoccupazione: numeri e vissuti
Anche oggi posso dire di aver ricevuto la mia dose quotidiana di statistiche sull’occupazione/disoccupazione.
Il pusher di turno, anzi i pusher, sono i vari notiziari radio-televisivi che, tra un annuncio ottimistico di un contenuto aumento di qua e uno pessimistico di diminuzione di là, concorrono tutti a stordirmi per bene con dati statistici presentati in modo incomprensibile o, meglio, in modo strumentale a quelle che sono le intenzioni e gli orientamenti di chi le notizie le elabora. E così mi ritrovo a chiedermi: ma se c’è un aumento della disoccupazione, come fa ad esserci di pari passo un aumento nell’occupazione? Niente! In questo modo non ne verrò fuori! Forse l’unico modo di comprendere ed intervenire è quello di riportare i dati statistici alle persone reali.
Esseri umani con i loro vissuti, con le loro aspettative, con i loro progetti, con le loro relazioni. Questi sono i ‘dati’ che per noi contano davvero! Come si sentono le persone senza lavoro? Cosa significa vivere nella disoccupazione? Cosa resta della loro unicità di esseri umani? Che ne è di questi vissuti non quantificabili in dati e non monetizzabili?
L’oceano che c’è di mezzo tra le percentuali e le persone è enorme, come lo è il costo sociale della disoccupazione. Oltre ad un impoverimento economico personale e familiare, ci sono una serie di sofferenze che impoveriscono l’esperienza della vita. Un impoverimento che si ripercuote direttamente sull’autostima, sulla capacità di ritenersi in grado di fare (e talvolta anche di pensare) , sulla possibilità di proiettarsi nel futuron ed immaginarsi in un ruolo differente.
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Per le persone che vivono l’esperienza della disoccupazione per un lungo tempo, infatti si verifica un irrigidimento delle modalità e della visione di se stessi.
Il costo principale è quindi quello della sofferenza, emotiva e psicologica che difficilmente riesce ad essere elaborata.
Solo un altro lavoro può cambiare la situazione?
Non credo a questa impotenza credo invece sia importante, con l’aiuto di uno psicologo, riuscire riscoprire se stessi. Riscoprire il proprio valore, i propri punti di forza ( a volte i propri progetti nel cassetto) e riuscire a mettersi in gioco in modo differente, con una maggiore consapevolezza (che nel corso della disoccupazione potrebbe essere andata persa) di se stessi e delle proprie relazioni.
Le relazioni sono infatti importanti perché è in mezzo ad esse che viviamo, è di esse che l’immagine che abbiamo di noi stessi si nutre, perché solo attraverso il rimando (più o meno esplicito) degli altri, riusciamo a conoscerci meglio e anche a scoprirci. E, per quanto possa essere paradossale, quando stiamo soffriamo, sono tendenzialmente le prime che risentono maggiormente del nostro malessere.
Gianpaolo Bocci
Per approfondire:
Daniela Bosetto: Counselling e disoccupazione – Edizioni Nuova Cultura, 2013
Maurizio Ambrosini, Diego Coletto, Simona Guglielmi: L’esperienza della disoccupazione al tempo della crisi (Percorsi) – Società editrice il Mulino,2014
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