La supervisione come una tinozza di acqua calda e profumata in cui distendersi
La supervisione è uno strumento formativo e lavorativo eccezionale, permette di superare “impasse” nelle psicoterapie e di avere insight risolutivi perché, “un terzo occhio” esperto fuori dal sistema che si crea tra terapeuta/cliente (individuo, coppia o famiglia), analizza il processo terapeutico. D’altra parte è consigliatissima in tutti gli orientamenti psicoterapici, perché la funzionalità è univoca. Attraverso la supervisione di apprende la professione in modo personalizzato e nel rispetto dei principi etici e deontologici (De Bernard e Dobrowolski, 1996).
ll bisogno della supervisione, come parte specifica del percorso formativo clinico, si afferma progressivamente nel mondo psicoterapeutico intorno agli anni ’20: prima di allora, c’erano stati gruppi informali di professionisti che s’incontravano per discutere vari aspetti del lavoro con i pazienti, ma l’analista personale restava, per gli allievi, il vero punto di riferimento per la guida e la valutazione del processo di sviluppo tecnico-professionale (Abadi; in Benvenuto e Nicolaus, 1990). Nel 1920, l’Istituto di Psicoanalisi di Vienna stabilisce che i due ruoli, quello di analista e quello di supervisore, siano assunti da due persone diverse, in quanto si ritiene il primo più strettamente attinente alla terapia e il secondo all’insegnamento. L’educazione dello psicoterapeuta prende posto, così, accanto all’insegnamento formale e all’analisi personale: gli allievi imparano dal lavoro clinico, monitorati da un supervisore che garantisce il benessere e la salvaguardia del paziente e agevola lo sviluppo personale dell’allievo (Dazzi e Migone; in Pazzagli, 1990).
La supervisione indiretta è l’esperienza più matura, responsabilizzante e formativa che si ci sia per un professionista (Psicoterapeuta o psichiatra) che lavora quotidianamente nell’attività clinica.
Io ho fatto varie esperienze di supervisione nella mia carriera con diversi psicoterapeuti didatti in differenti momenti della mia vita, e nell’ultimo periodo, non avendo avuto supervisione, ne ho sentito la necessità come spazio di riflessione e contenimento personale oltre che di tutela e salvaguardia dei miei pazienti.
Nel setting della supervisione si viene a creare, infatti, un contesto di apprendimento in cui le potenzialità del supervisionato sono incoraggiate e sviluppate, mentre sono contemporaneamente proposti validi e saldi riferimenti teorico-concettuali e tecnico-operativi cui attingere nell’individuazione di strategie efficaci di lavoro (da Laplance e Pontalis (1993), ‘Analisi di controllo (o sottocontrollo).
GRUPPO DI SUPERVISIONE CON IL PROF MAURIZIO COLETTI
Una riflessione a parte merita il setting della supervisione di gruppo. La supervisione condotta in gruppo permette di economizzare il tempo dedicato alla formazione sul campo, offrendo maggiori possibilità di confronto delle esperienze e ottimizzando il potenziale di apprendimento. A tal proposito, possiamo distinguere almeno due forme specifiche che la supervisione condotta nel setting di gruppo può assumere:
• la supervisione in gruppo caratterizzata dalla presentazione di un lavoro individuale alla presenza degli altri membri del gruppo che possono accedere all’esperienza e sono osservatori partecipi;
• la supervisione partecipativo-collaborativa che pone l’accento sull’utilizzazione delle risorse collettive, sollecita modalità interattive rispettose e la formulazione di feedback empatici, sviluppa fiducia e competenza attraverso esercizi e attivazioni (Di Fabio, 1995).
Di conseguenza, in una supervisione di gruppo, i possibili benefici sono dovuti all’acquisizione di molteplici punti di vista su un medesimo caso, alla maggiore quantità di stimoli e alla possibilità di ascoltare come i colleghi gestiscono il loro lavoro (Parihar, 1993) evitando la dipendenza del supervisionato dal supervisore e l’eccessiva gerarchizzazione della relazione (Getzel e Salmon, 1995).
Il gruppo è sempre più della somma delle parti e quindi la supervisione fatta in gruppo acquista in ricchezza ed originalità perché si crea “un sistema” nuovo di interscambio oltre che di conoscenze. E’ proprio questo il vantaggio della supervisione rispetto all’intervisione, nonostante quest’ultima sia oggettivamente più pratica ed economica. Inoltre una supervisione per adempiere in pieno alle sue funzioni formative deve essere svolta da un terapista esperto, con cui si può instaurare una relazione di fiducia e di rispetto in cui ci si può sentire accolti e sostenuti altrimenti gli interventi possono essere vissuti come intrusivi e svalutanti.
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