Corso di autobiografia, l’inizio di un percorso
Il nostro corso di autobiografia è terminato qualche settimana fa. E’ stata un’esperienza interessante per noi dell’associazione, perché, oltre ad averlo organizzato e condotto, abbiamo sperimentato anche la partecipazione attraverso due nostri operatori “storici”,che hanno svolto attivamente il laboratorio insieme ai nuovi iscritti.
Il percorso si è svolto in otto incontri, nel clima del sabato mattina, a cui abbiamo dato, volutamente, una connotazione di relax e di spazio dedicato a se stessi ed alla propria storia di vita, a ricordi che pensavamo di non possedere più, al recupero ed all’integrazione di ricordi e vissuti, alla condivisione.
Io che ho condotto il laboratorio mi sono accorta della fatica che ho fatto all’inizio per creare il gruppo e dare un’imprinting a questo laboratorio che fosse di senso di liberazione, assenza di giudizio, recupero di “cose” preziose….e poi condivisione; e della facilità degli incontri finali in cui mi è sempre di più salito il desiderio di scrivere, man mano che i dispositivi si susseguivano, ormai fluidamente.
Fare qualcosa insieme ha creato il gruppo: potremmo definire il nostro laboratorio un “team experience” in cui la soddisfazione ed il piacere dei singoli , il contatto settimanale, la comunicazione fluida della strutturazione a cerchio ha favorito l’empatia e la condivisione. Ebbene sì, ritengo la condivisione il passo più difficile e l’obiettivo più ardito di questo laboratorio. Ognuno è stato libero di condividere ciò che preferiva del materiale prodotto e nel momento in cui lo riteneva opportuno.
In questo gruppo per condivisione non intendo la condivisione di un obiettivo come in un gruppo di lavoro, processo seppur difficile ma più comprensibile, bensì la condivisione di brevi racconti della propria vita ed addirittura dare la possibilità agli altri membri del gruppo di prenderne parte.
Dare forma di storia all’esperienza vissuta ha sempre significato, non solo cercare di sfidare e vincere la caducità della propria esistenza, ma soprattutto comprendere il bisogno e il desiderio di dare ordine e senso a quanto accade, conservarne la memoria, creare un sentimento di appartenenza e di condivisione; si tratta di una forma di conoscenza che rende possibile provare ciò che vive un altro essere umano.
L’utilizzo del racconto autobiografico come strumento di conoscenza di sé, divertimento, opportunità di rielaborazione terapeutica è possibile soltanto se vengono garantite determinate condizioni, idonee per la narrazione di sé.
Noi ce l’abbiamo messa tutta ed abbiamo studiato e seguito il metodo autobiografico di Duccio Demetrio, professore e fondatore della Libera Università dell’autobiografia di Anghiari, convinti che:
“Arriva un momento nell’età adulta in cui si avverte il desiderio di raccontare la propria storia di vita. Per fare un po’ d’ordine dentro di sé e capire il presente; per ritrovare emozioni perdute e sapere come si è diventati, chi dobbiamo ringraziare o dimenticare. Quando questo bisogno ci sorprende, l’autobiagrafia di quel che abbiamo fatto, amato, sofferto, inizia a prendere forma. Diventa scrittura di sé e alimenta l’esaltante passione di voler lasciare traccia di noi a chi verrà dopo o ci sarà accanto. Sperimentiamo così il “pensiero autobiografico”, che richiede lavoro, coraggio, metodo, ma procura, al contempo, non poco benessere” – dalle stesse parole dell’autore in Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, 1996
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