Carta dei Diritti dei Consumatori
La Carta dei Diritti dei consumatori nasce in Italia nel maggio di quest’anno.
Si tratta di un documento forte, deciso, provocatorio contro una politica ed un atteggiamento proibizionistico dell’uso di sostanze stupefacenti, risultato a livello sociale e giuridico fallimentare.
Il fallimento a livello sociale è in due direzioni:
1. il sostentamento delle narcomafie
2. la patologizzazione delle persone
Quindi il ritenere che l’assunzione di sostanze stupefacenti sia illegale e che sia una malattia.
Tale atteggiamento non riconosce innanzitutto alle persone la libertà di essere cittadini che consumano sostanze stupefacenti ma soprattutto non riconosce che hanno uguali diritti e doveri dei cittadini che decidono di non assumere sostanze stupefacenti.
Sostengono e condividono la Carta dei Diritti dei consumatori moltissime associazioni impegnate da anni nei programmi di intervento sulle dipendenze ed in attività di riduzione del danno, alcune comunità terapeutiche, la Rete italiana per la riduzione del danno ITARDD, le Drug Users Union europee.
La Carta dei diritti dei consumatori è costituita da 21 articoli.
Parte dall’affermare la legittimità di assumere liberamente sostanze psicoattive senza essere discriminati, stigmatizzati e criminalizzati, sancisce il fallimento della guerra alle droghe, rivendica una società che garantisca condizioni ambientali e culturali che favoriscano l’autonomia e l’autogestione di persone che usano sostanze psicotrope perché ciò incrementa la naturale capacità di autoregolare il proprio stile di assunzione.
uesto mette in discussione tutto l’approccio biomedico ed il ricorso a terapie farmacologiche per contrastare l’assunzione di sostanze stupefacenti, sostenendo la necessità di un’informazione libera, un accesso ai servizi sanitari in modo semplice e secondo le individuali necessità, secondo le esigenze di ognuno, un’attività socio sanitaria di prevenzione e cura che si basi sulla riduzione del danno ovvero offrire alle persone strumenti e contesti per potersi e sapersi autoregolare.
La persona che sceglie di assumere sostanze stupefacenti e non nuoce alla società ed agli altri deve essere considerata alla pari di una persona che non usa sostanze, sul lavoro, in famiglia, nelle sue capacità sociali e competenze.
Inoltre sancisce la necessità di favorire la coltivazione di cannabis per uso personale terapeutico e riabilitativo in modo da depotenziare il mercato illegale clandestino. Quindi la coltivazione e distribuzione di cannabis e suoi derivati va legalizzata e regolamentata.
La Carta dei diritti dei consumatori insieme al recente provvedimento sanitario che riconosce il potere terapeutico della cannabis ed autorizza trattamenti sanitari con cannabis e suoi derivati sono il risultato di numerosi studi in merito agli stili di consumo nel Nord Europa e del coinvolgimento di associazioni e gruppi di persone che usano o hanno usato sostanze psicotrope
Quanto l’opinione pubblica ed il sistema sanitario nazionale sono pronti ad accogliere questo cambiamento di paradigma e cosa significa?
Il sistema sanitario nazionale ha strutture appasite in ogni ASL dedicate alle tossicodipendenze e dipendenze in generale SERD dove si svolgono svariate attività terapeutiche, farmacologiche e ricreative, dove l’afflusso di utenza è considerevole, reduci da programmi di riduzione del danno per l’eroina dove si impiega il farmaco sostitutivo del metadone (che ha, per buona parte, eliminato i disagi sociali e sanitari legati all’uso di eroina). E’ chiaro che queste strutture debbono inventarsi programmi alternativi per le dipendenze da cocaina o gioco d’azzardo. Inoltre i SERD, purtroppo, patiscono la stigmatizzazione di essere luoghi dove vanno i “tossicodipendenti”, dunque anche chi soffre di un altro tipo di dipendenza non vi accede con piacere e tranquillità neppure chi usa sostanze differenti dall’eroina ed alcool. Immaginiamo se possono mai rivolgersi a tali strutture “consumatori” o “abusatori” di cocaina o gioco d’azzardo ovvero persone che non sono e non si ritengono tossicodipendenti.
Inoltre gli operatori e la struttura che lavora sulla riduzione del danno e sull’autoregolazione deve essa stessa proteggere se stessa dalla stigmatizzazione e gli stessi utenti che vi accedono altrimenti cadrebbe nel vizio della patologizzazione ovvero di considerare e diagnosticare la persona come malata e che quindi deve essere curata in contrapposizione al principio che tutti consumatori hanno capacità di autoregolazione ed autogestione e cicli nella loro vita.
Soltanto da un punto di vista logistico, organizzativo sanitario, culturale e sociale si può immaginare quanto sia lungo, capillare e tortuoso il lavoro da fare, pensiamo poi da un punto di vista politico e legislativo. Eppure ci sono una catena di operatori e servizi in Italia che stanno iniziando a lavorare in quest’ottica.
I vantaggi sono molteplici: costi minori, diminuzione del pregiudizio e della stigmatizzazione, alleggerimento dell’affluenza alle carceri per pene minori, incentivazioni di risorse e competenze versus cronicizzazione e patologia. Vi suggerisco di riflettere su questo nuovo paradigma e di provare a pensare a voi stessi in quest’ottica ovvero come consumatori di qualcosa (alcool, cocaina, gioco d’azzardo, nicotina, cibo) che attraversano fasi cicliche dove questo consumo si modifica e che potrebbero attuare una serie di strategie per stare meglio e limitare di danni e quanto potrebbe essere utile scoprire o essere aiutati a scoprire le strategie utilizzate; inoltre poterle trasferire agli altri, confrontarsi o acquisirne altre dagli altri consumatori.
Elisa
Ps Ecco il link dove leggere tutti gli articoli de “La Carta dei diritti dei Consumatori”
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