Baby gang : i figli della marginalità oltre la marginalità

Baby gang : i figli della marginalità oltre la marginalità

Cammino nei quartieri di Napoli, nella mia visita settimanale alla città: Quartiere Stella, Rione Sanità, Rione Traiano, Piazza Garibaldi, Soccavo. Arrivo al mio luogo di lavoro.

Alla fermata dell’autobus sento delle signore che parlano di baby gang e del fatto che non fanno più uscire di casa da soli i loro figli preadolescenti, da alcuni giorni. Mi chiedo se alcuni giorni fa o qualche mese fa le baby gang non esistessero.

Certo “Siamo tutti Gaetano” come lo striscione del corteo arrivato alla metropolitana di Chiaiano per sostenere e rincuorare il ragazzo aggredito e picchiato alla metropolitana, senza motivo, che ha subito l’asportazione della milza. Era accaduto qualche mese prima anche ad Arturo, accoltellato a Via Foria, quindi “Siamo tutti con Arturo” che è tornato a scuola.

In strada centinaia di ragazzi che vogliono sottolineare la loro vicinanza alle vittime di violenze da parte di coetanei.

Ma gli altri ragazzi, quelli delle gang chi sono?

Sono ragazzini piccoli che vivono per strada senza punti di riferimento. È una specie di gruppo informale che se ne sta senza far niente, gira in motorino, tira tardi e a un certo punto gli salta in testa di fare qualcosa, un’avventura, e nel giro di pochissimi minuti si attivano e fanno un disastro terrificante, senza rendersi neppure conto. Diciamo che questi sono, quindi, conglomerati occasionali di ragazzini molto giovani, che vengono dai margini della  marginalità, che non hanno avuto, dal punto di vista psicologico, alcuna esperienza della frustrazione regolata, della regolazione emotiva e sostanzialmente non sanno cosa si deve e si può fare e cosa non si deve e non si può fare. Non sono state intercettati da alcuna figura adulta di riferimento: che sia un nonno di buon senso, una nonna accudente, un parroco, un volontario… A un certo momento diventano una bomba che può fare cose terribili (tratto da intervista a Marco Rossi Doria, sottosegretario esperto di politiche educative e sociali).

E dove questi adulti di riferimento? Alla fermata dell’autobus mentre dicono che non faranno uscire i lor figli?

No quelli sono gli adulti a cui appartengono i ragazzi “buoni”. Gli altri adulti, i genitori delle baby gang sono persone che vivono ai margini, ai margini di tutto, ai margini della società e della criminalità, che non hanno nessuna consapevolezza del loro ruolo genitoriale e che non sanno neppure loro cosa è giusto fare e cosa è meglio per i loro figli.

I ragazzi delle baby gang, così atroci e terribili, vorrebbero le mamme della fermata dell’autobus, che dicessero loro di restare a casa e non uscire? Ci verrebbe da dire che non le vorrebbero, ma quando il disorientamento, l’angoscia e la paura adolescenziale non si placa, o si dissolve solo, per un attimo, nel massacro di un coetaneo, forse vorrebbero una mamma che dice loro “NO”, tu non esci! Un adulto che decide per loro e gli dice cosa è giusto ed opportuno fare.

Poi si trovano la Polizia davanti e scappano, di dileguano, partono gli sberleffi o i sassi, perché gli “sbirri” o “e’ guardie” sono gli stessi che i genitori vedono come nemici e non come alleati.

I ragazzi considerati difficili non sono ragazzi difficili di per sé ma difficili sono le situazione e le circostanze che vivono e che hanno vissuto da bambini.

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