Manuali self help: servono davvero?
I manuali self help sono indubbiamente strumenti molto utili o lo sono stati per molti di noi. Aldilà della loro matrice di riferimento e del loro campo di applicazione, forniscono a chi legge degli strumenti- più che altro razionali – per comprendere, gestire e forse risolvere alcune situazioni ritenute problematiche.
Troviamo manuali self help per quasi tutto, dal controllo del peso ai medicamenti naturali, quelli sui quali concentrerò la mia attenzione sono quelli che pongono l’accento sulle possibili soluzioni a difficoltà ‘psicologiche’.
A che servono i manuali self help?
Lo scopo principale dei manuali self help è trasferire conoscenze ed esperienze – vissute sia direttamente che indirettamente – favorendo l’apprendimento di ‘nuove abitudini’ che vadano nella direzione desiderata dal lettore.
Tra le caratteristiche positive di queste guide ci sono :
- non doversi per forza confrontare con un altra persona, nel senso di non vivere la difficoltà e l’imbarazzo di chiedere aiuto, di esporsi apertamente con un altro;
- lo stimolo ad approfondire alcuni aspetti che non conoscevamo;
- la spinta a darsi da fare maggiormente e a spronarsi.
Lanciano quindi, il più delle volte, degli input che aprono la strada a passi successivi.
Quali sono i limiti dei manuali self help?
Il lettore di manuali self help raggiunge l’agognato obiettivo a patto che vi sia una sperimentazione diretta misurata all’ambiente circostante. Questo perché se è vero che per applicare “le regole” scritte c’è bisogno di ‘forza di volontà’ e di ‘carattere’, è anche vero che il lettore (che ha bisogno di aiuto) tenderà ad interpretare ciò che è scritto sul manuale secondo la propria ottica, rischiando di ‘travisare’ ciò che è scritto. Per quanto si voglia spiegare bene ciò che si intende dire, ci sarà comunque lo spazio per inserire il punto di vista del lettore, che trasformerà – quantomeno nel suo ricordo successivo- ciò che ha letto. Ma d’altronde lo facciamo praticamente con tutta la realtà che ci circonda, come illudersi che non lo si faccia con il testo di un libro?
Questo lavoro di trasformazione, basato sul vissuto e sulla esperienza del lettore, porta avanti la sua visione del mondo e conferma l’immagine che ha di se stesso.
L’immagine che abbiamo di noi stessi – formatasi come una sorta di sedimentazione- non ci è sempre chiara, esistono infatti aspetti che non conosciamo e che non possiamo vedere. Si tratta di automatismi che mettiamo in atto e di cui non ci rendiamo conto, sono dei pilastri – più o meno funzionali – sui quali basiamo parte della nostra esistenza e che ci sono stati rimandati nel periodio dell’infanzia, in cui eravamo più ricettivi e più ‘plasmabili’. In tale periodo infatti, completamente dipendenti dall’altro per la soddisfazione dei nostri bisogni primari e secondari, impariamo, imitiamo, scopriamo chi siamo attraverso gli occhi degli altri e le esperienze che facciamo. Come pensare quindi di poter cambiare con dei manuali self-help degli aspetti che vanno così in profondità?
Come è per tutto il resto della nostra vita, noi conosciamo noi stessi all’interno di rapporti e relazioni – più o meno stretti, più o meno vitali- ed è all’interno di essi che potremo e dovremo trovare la strada per il cambiamento.
Lanciano quindi, il più delle volte, degli input che aprono la strada a passi successivi.
Un esempio pratico
Un amico mi riportava di sentirsi stupido o incapace quando non riusciva a seguire gli esercizi proposti in uno di questi manuali self help. Ovviamente un manuale non può riuscire ad essere un valido contenitore per tutta una serie di vissuti e di emozioni, non può ascoltare i dubbi, le incertezze e le preoccupazioni di chi legge. E troppo spesso i manuali riportano solo casi di persone che ci sono riuscite, molto meno frequentemente vengono riportati i fallimenti.
Ma c’è dell’altro, un manuale non può riuscire ad adattarsi, anzi a calibrarsi, a quelle che sono le resistenze al cambiamento che automaticamente vengono messe in atto dalle persone.
Ma allora i manuali di self help servono davvero a qualcosa?
Dal momento che chi acquista quel determinato titolo è già in qualche modo predisposto al cambiamento, o comunque ci sta pensando attivamente, si può generare un incontro felice, che confronterà la persona con un’esperienza che ritiene unica e personale e che magari non è riuscita a condividere con gli altri. Scoprirà che anche altri hanno avuto un’esperienza simile e vedrà come si sono comportati per uscirne. Tutto ciò aiuterà a progredire nel percorso di cambiamento personale.
Servono sicuramente anche a scalfire alcune illusioni, ad avere degli input da approfondire successivamente sempre e comunque in uno o più rapporti tra persone.
Gianpaolo Bocci
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