IL TEMPO SOSPESO: DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELL’ALIMENTAZIONE
Ho conosciuto di persona il prof. Onnis nella mia formazione sistemica e riprendo il titolo di questo articolo da una delle sue ultime pubblicazioni, prima della sua scomparsa, “Il tempo sospeso. Anoressia e bulimia tra individuo, famiglia e società “.
Cos’è il tempo sospeso
Il tempo sospeso è nel modello sociale riproposto in una società dell’ infinito presente di uomini e donne senza età, sempre giovani.
Il tempo sospeso è quello dei corpi delle ragazze anoressiche/bulimiche che nella sospensione della crescita cercano di risolvere il conflitto tra desiderio di individuazione e paura/difficoltà di una identità matura o adulta.
Il tempo sospeso è quello delle famiglie che provano a fermare l’evoluzione del proprio ciclo di vita restando fedeli ad un mito rigido di unità, in cui ogni processo di autonomia evoca angosce profonde di separazione e perdita.
“L’anoressia e la bulimia sono il sintomo tangibile di un dolore che non si deve…. Queste ragazze sono come un gatto dei cartoni animati inseguito da un grosso cane, che si arrampica velocemente su di un albero, per cercare un rifugio ed una protezione che non saprebbe trovare altrove. Da lassù guarda con sollievo ciò che lo minaccia dal basso. Da lassù è sicuro di avere un controllo totale del mondo sottostante”.
Così Fabiola De Clercq, fondatrice di ABA onlus e sperimentatrice, nella sua vita, di queste sintomatologie, descrive fotograficamente questa condizione di sofferenza profonda.
Scendere dall’albero significa fare i conti con la perdita di controllo e con ciò che è minaccioso o fa paura. Quindi il tempo sospeso del gatto sull’albero che osserva.
I dati del Ministero della salute rivelano che ogni anno i casi di anoressia in Italia sono 3.500 e quasi il doppio quelli di bulimia. Nel 90% dei casi l’insorgenza è in età adolescenziale. Come mai?
Analisi dei dati
L’adolescenza è una fase di profonde trasformazioni psichiche e somatiche in cui ci si confronta con due processi molto complessi: la definizione della propria identità sessuale e l’inizio del percorso di individuazione (che forse durerà tutta la vita) ovvero la differenziazione come individuo con una propria fisionomia ed autonomia. L’opposizione, l’antagonismo, le provocazioni, necessarie nella fase adolescenziale per i processi sopra descritti, possono prendere la forma del rifiuto del cibo o del vomito auto – indotto
Nel 75% dei casi anoressia e bulimia si alternano ciclicamente. Perché? La persona, attraverso l’anoressia acquisisce un controllo sulla fame, sul tempo, sulla famiglia, poi, ad un certo punto perde il controllo, non riesce più a controllare la fame, cede all’impulso di abbuffarsi di cibo e poi si autopunisce con il vomito e riacquista un potere ed un controllo.
La bulimia è più diffusa dell’anoressia ma più silente. Provoca meno danni fisici/segni e resta al buio più a lungo. E’ una sorta di dipendenza da cibo, ma differente dall’obesità psicogena. Nella bulimia si fanno abbuffate indifferenziate di cibo, si riempie un vuoto incolmabile e poi, quando succede un senso di colpa devastante, c’è il sacrificio/liberazione del vomito. Tutto diventa quasi un rituale a cui non si vuole rinunciare.
Come dicevo ci sono differenze con l’obesità psicogena perché in quest’ultima, ugualmente una dipendenza da cibo, il cibo viene scelto con cura e subentra una continua minimizzazione delle quantità. Il cibo è considerato una soluzione magica, un farmaco antidepressivo, un tappo per l’angoscia. Il grasso è indubbiamente una bella barriera di protezione da noi stessi e dagli altri.
Perchè è difficile chiedere aiuto?
Maturare l’idea di un aiuto e di una cura è solitamente un processo lungo e difficile per vari componenti.
- La prima componente necessaria è la consapevolezza di avere un problema. Alcune ricerche (Fornari 1999, Dancyger 2005, Dare 1994, Loriedo, Nazzaro, Costa 2014) indicano che nella famiglie con problematiche di disturbi alimentari e della nutrizione (DSM – V) genitori e figli percepiscono l’ambiente familiare in modo differente. Le figlie denunciano un peggior funzionamento familiare e della comunicazione mentre le madri tendono a dare una descrizione più rosea delle relazioni e del contesto familiare. Questi risultati ci fanno riflettere rispetto alla consapevolezza e poi all’iniziale fase di negazione del problema.
- La seconda componente che allontana dalla richiesta di aiuto è il senso di vergogna o di colpa. Aiuta comprendere il processo della malattia al fine di allentare la colpa e la vergogna. E’ necessario curarsi e non basta la buona volontà.
- La terza componente è l’alterazione dell’immagine corporea. La manifestazione più grave è quella di vedersi sempre grassa nelle ragazze anoressiche, anche quando si è notevolmente sottopeso, ma ci sono varie forme di dismorfofobia. In questo caso sono le persone più care e vicine a poter portare il primo aiuto.
Elisa Pappacena
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