Autobiografia: il gioco della vita
L’autobiografia è un genere letterario antico ed ampiamente utilizzato; ha attirato uomini di azione ed uomini di lettere a partire dagli Egizi ai Babilonesi fino ai Romani. Con Sant’Agostino, e quindi col Cristianesimo, il genere assunse caratteristiche di narrazione di vita intima e personale.
Nell’era moderna le autobiografie indubbiamente più belle e di maggiore successo sono quelle che raccontano eventi della propria vita professionale e familiare magari in modo originale ed avventuroso, per es. pittoresco è Il Milione di Marco Polo, romanzate le Memorie del Casanova, onesti i Mémoires del Goldoni, intima la Vita Nova di Dante, etc…Goethe, Montaigne, Dickens.
Negli ultimi decenni addirittura il genere autobiografico è stato talmente utilizzato da scrittori professionisti e non, giornalisti, attori, show – man, personaggi dello spettacolo e della politica da renderlo un genere popolare e molto attraente.
Ma perché si scrive un’autobiografia?
Si scrive per narrare le azioni e gli eventi della propria vita in modo da direzionare l’interpretazione che ne danno gli altri e i posteri nel caso di personaggi pubblici o della politica; si scrive accentuando alcuni eventi della propria vita proponendo happy – end oppure epiloghi tragici per creare un vero e proprio romanzo sperando di avere successo; si scrive con l’intento di dimostrare qualcosa per esempio come dalla colpa e dall’errore si sia potuti giungere a una redenzione o da umili e misere condizioni pervenire al successo o intraprendere una scalata sociale, ma, in ogni caso, si scrive per raccontare.
Il racconto della propria vita attraverso la scrittura non è solo un genere letterario ha una funzione ludica e terapeutica. Scrivere di se stessi vuol dire dedicarsi un tempo, che nella frenetica era contemporanea, ci sembra non avere mai, vuol dire ripensare con occhi diversi ad alcuni ed altri eventi della propria vita che riteniamo sepolti, lontani, intoccabili, nostalgici.
Duccio Demetrio (direttore scientifico della Libera università dell’Autobiografia di Anghiari (AR), da lui fondata nel 1998 con Saverio Tutino e di “Accademia del silenzio”), a cui devo il titolo di questo articolo, nella presentazione de “Il gioco della vita” scrive che
“avere un diario è fondamentale: ci regala il grande vantaggio della comprensione quando la commedia ha ancora il sipario alzato”.
Commedia è metafora della vita. La vita, con tutti i suoi eventi, slanci e pause, riprese e stop, alti e bassi, avvicendarsi e rimescolarsi di tutti questi, sorprese e colpi di scena, epiloghi già conosciuti, è paragonabile agli atti di una commedia.
Partecipa al Laboratorio Autobiografico
Il potere della scrittura è quello di restare invariata su un foglio nonostante le percezioni cambino ed il tempo muti le ‘cose’, all’inverso dei pensieri che hanno un flusso inarrestabile e continuamente mutevole (il flusso dei pensieri raddoppia in situazioni critiche e quando stiamo male con l’intento di trovare una soluzione ma spesso diventa disturbante e ripetitivo).
La scrittura ha il potere della focalizzazione. Siamo assaliti tutti i giorni da informazioni e stimoli, ne perdiamo grossa parte perché il nostro sistema percettivo e mnemonico non ci permette di coglierli e ritenerli tutti; avere il luogo quotidiano dove appuntare gli elementi importanti per noi che abbiamo focalizzati diventa un tesoro ed un ‘edificio in costruzione’ (da D. Lessing – Il diario di Jane Somers)
Si può giocare con frammenti, ricordi schegge della propria vita, esperienze vissute nella realtà o in sogno, immaginate o semplicemente possibili. Scopriamo cose nuove di noi e degli altri, ma soprattutto possiamo dare forma nuova a quanto ci è già accaduto.
Che grandi poteri ha l’autobiografia! Ed eccone spiegato il suo successo e la divulgazione.
Elisa Pappacena
PER APPROFONDIRE:
Il diario di Jane Somers- D.Lessing
Il gioco della vita. Kit autobiografico. Trenta proposte per il piacere di raccontarsi – Duccio Demetrio
No Comments