Autostima: innata Vs appresa
Quando si tratta di caratteristiche umane, autostima compresa, innato vs appreso è un match che continua a dividere studiosi di tutto il mondo con fortune alterne dell’uno o dell’altro filone. Anche rispetto ad una buona autostima c’è chi dice che ci si nasce e la fa rientrare in quella sorta di elemento mitologico che è il ‘carattere forte‘ (che è talmente ampia e generica come categoria che alla fine perde significato), chi invece ritiene sia del tutto appresa.
Certo è che se si facesse solo riferimento ai facinorosi fan del team dell’innato si potrebbe ricadere in una sorta di determinismo, che farà di quell’autostima un tratto caratteriale fondante, stabile e pressoché immutabile.
Se si facesse invece il tifo esclusivamente verso il team dell’appreso, in una sorta di delirio illuministico, potremmo arrivare a pensare di poter cambiare completamente tutto di se e di ricrearsi. Il riassunto del pensiero dei fan dell’appreso risulterebbe un tripudio del mito americano del ‘self-made man‘.
Come si sviluppa l’autostima?
Nei primi anni della vita l’aspetto fisiologico e quello psicologico sono talmente intrecciati e intercomunicanti tra loro da formare un tutt’uno. Sarà poi la cultura a tenere distinti i due aspetti, una sorta di scissione e segmentazione dell’essere umano utile più agli scopi della scienza che alla comprensione stessa della realtà e dell’unicità di ogni essere umano. In realtà delle modificazioni avvengono anche in età adulta. Alcuni esempi più calzanti a tale riguardo possono essere un trauma cranico o una psicoterapia, nei quali l’intervento esterno comporta delle modificazioni fisiologiche/psicologiche, a volte si creano anche delle nuove connessioni a livello neurologico. Ciò vuol dire che nonostante l’aspetto più o meno stabile di alcune caratteristiche di personalità- talmente stabile da apparire quasi ‘innate’-queste sono comunque modificabili.
A complicare la situazione c’è poi la dimensione relazionale: tutti, fin da prima della nascita, siamo immersi in una rete di relazioni dalle quali dipendiamo per soddisfare i più basilari bisogni fisiologici e che rappresentano i fondamenti della sopravvivenza stessa.
Autostima: il frutto delle relazioni
Quello che vorrei fare in questo articolo è iniziare a considerare l’autostima non come caratteristica esclusivamente personale e innata, ma come caratteristica che emerge in una o più relazioni e che in tale humus è modificabile.
Sono proprio le relazioni a rappresentare uno dei punti deboli dei manuali self-help: questi, per quanto utili, coinvolgenti e scritti bene, non possono riuscire a ricreare l’ambiente delle relazioni inteso come spazio per la sperimentazione e l’apprendimento.
Esiste un altro fattore che rende ancora più complesso l’universo autostima ed è quello relativo alla nostra auto-percezione e al nostro dialogo interiore: i rimandi che ci danno gli altri vengono interpretati (e a volte stravolti) dalla nostra visione di noi stessi e degli altri. Se una persona, ad esempio, è abituata a percepirsi come non capace di sedurne un’altra continuerà a mettere in atto comportamenti volti a confermagli tale percezione, ed inoltre tenderà ad interpretare le risposte dell’altra persona attraverso l’idea che che si è “costruito” sulla base di percezioni fondate sulle sue insicurezze e il basso livello di autostima.
Non c’è che dire, è davvero molto complesso!
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